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marzo 08, 2012

Quali sono le vere ragioni che spingono la Cina a rafforzare la sua presenza in Africa? (prima parte).

china-africaPrima di tutto e’ innegabile che la Repubblica Popolare cerca di diversificare e rendere sicuri i suoi approvigionamenti energetici  per perenizzare la sua crescita economica.

Gli esperti economici stimano che da qui al 2020 Pechino sara’ costretta ad importare 80% della sua consumazione interna di petrolio. Di conseguenza, di fronte a questi immensi bisogni, Pechino punta sulla moltiplicazione delle offensive diplomatiche ed economiche sul terreno petrolifero dirette ai principali paesi produttori.

Il Medio Oriente e’ il principale fornitore di petrolio grezzo della Cina. Tuttavia Pechino prende seriamente in considerazione il rischio di una diminuzione o di una temporanea interruzione dell’approvigionamento di energia proveniente dai paesi arabi, con drammatiche conseguenze per la crescita ecomomica che potrebbero addirittura portare ad una stagnazione dell’apparato produttivo.

Tre sono principalemente le cause di questo rischio.

Le tensioni geopolitiche (guerra in Irak, in Afghanistan, Palestina, instabilita’ nel Libano ed indebolimento del regime iraniano) che portano ad una instabilita’ politica che si riflette su un incerto futuro nell’approvigionamento di energia.

Il raggiungimento del picco petrolifero di molti pozzi nel Medio Oriente.

La potica di “energy containment” che Washington pratica nella regione ai danni della Cina.

Per questa ragione l’Africa appare come una zona strategica “first priority” visto che nel continente si stanno scoprendo immensi giacimenti di petrolio di ottima qualita’.

Anche il cotone e’ considerato una risorsa strategica per la Cina, visto le immense quantita’ di materia prima che necessitano le sue industrie tessili. Pechino e’ divenuto in pochi anni, il primo partner commerciale dei paesi africani esportatori di cotone. Il cotone africano serve a diminuire la dipendenza cinese verso il cotone americano (la Cina importa tra il 40 e il 60% del suo fabbisogno anuale di cotone dagli Stati Uniti).
La colonizzazione di immensi territori fertili destinati alla produzione di biocarburi e di derrate alimentari per il mercato interno cinese e’ una oppotunita’ inattesa e gentilmente offerta da avidi capi di stato africani, noncuranti del deficit di produzione alimentare dei loro paesi.

Infine l’Africa rappresenta una delle piu’ grandi opportunita’ per la Cina di diminuire la concorrenza economica e la sfera d’infulenza dell’Occidente.

Dietro la propaganda di sviluppo e modernizzazione del continente africano, si nasconde una realta’ fatta di complicati giochi geoeconomici. Anticipando l’indebolimento occidentale in Africa, la Cina a messo in moto una strategia per diminuire l’accesso dell’Occidente al petrolio e alle materie prime. Pechino cerca di spezzare l’attuale monopolio commerciale che vede gli Stati Uniti e l’Europa come i primi destinatari delle esportazioni del petrolio africano.

Proprio come gli USA nel Medio Oriente, applica la strategia di contenimento, tentando di diminuire l’influenza dei paesi occidentali e delle loro multinazionali per indebolire l’economia degli Stati Uniti e dell’Europa a favore di quella cinese. Una diminuzione dell’approvigionamento di materie prime a buon mercato si tradurrebbe in un’aggravarsi per l’Occidente della attuale crisi economica, aumentando le possibilita’ per la Cina di imporsi come prima potenza economica mondiale.  Questa potica di contenimento versione cinese iniza dai paesi africani considerati zone a rischio o in aperta divergenza politica con l’occidente, vedi Sudan e Zimbabwe.

L’analisi di alcuni indicatori rivelano il vero volto del Dragone.
Se in teoria la Cina contribuisce alla crescita di molti paesi africani il modello di partenariato proposto da Pechino ha delle conseguenze distrastrose, ecomomiche, sociali, politiche ed ambientali per i paesi africani sul medio termine. Alcuni indicatori proposti di seguito sono un chiaro indice di un futuro non certo radioso per l’Africa.

Import-export.
China-Import-and-Export-Fair-Canton-Fair-
Apparentemente l’aumento dell’import – export e’ a favore dell’Africa che registra un 81% di aumento nelle esportazioni verso la Cina e un’importazione di manufatti cinesi aumentata solo del 36%.
In realta’ la Cina importa dall’Africa esclusivamente materie prime, innondando i mercati africani di prodotti di scarsa qualita’ (a volte addirittura tossici) che hanno un’effetto devastante sulle deboli industrie del continente che non riescono a competere sul mercato interno a causa del basso costo dei prodotti cinesi. Molte industrie locali chiudono aumentando la disoccupazione che sempre piu’ difficilmente viene assorbita dal famoso mercato informale.

Agricoltura.
coltivazione_riso_cina
Sul settore agricolo la Cina sta installando in vari paesi africani delle gigantesche fattorie industriali per produrre delle derrate alimentari destinate all’esportazione in Cina e alla produzione di biocarburi.[5] L’accapparamento delle terre portera’ inevitabilmente ad alterare gli equilibri sociali e naturali di vari paesi africani.

I piccoli produttori agricoli che si concentrano esclusivamente su una agricoltura di sussistenza e che contribuiscono alla perservazione della biodiversita’ saranno spazzati via per imporre un’agricoltura speculativa che contribuira’ all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e delle carestie.
Occupazione.
Lavoratori_CINA
Nonostante che si registri la presenza di oltre 800 piccole e medie aziende produttive e commerciali cinesi nel continente, l’impatto sull’occupazione e’ negativo.

Qualche migliaia d’impiegati presso le aziende cinesi non compensano le decina di migliaia di licenziamenti che le industrie autoctone sono costrette a fare per mancanza di competivita’, soprattutto nel settore tessile, calzaturiero ed artigianale.

L’aziende cinesi in Africa controllano l’intera catena economica dalla fabbricazione del prodotto in Cina alla sua distribuzione al dettaglio in Africa, utilizzando spesso mano d’opera esclusivamente cinese.
Questo impedisce lo sviluppo autoctono del settore terziario (grande diffusione, transporti, marketing, publicitá, etc.).

L’esclusione della mano d’opera africana e’ evidente nella realizzazione delle grandi infrastrutture dei progetti di cooperazione internazionale.

Pechino ricorre alla mano d’opera cinese facendola emigrare verso il paese beneficiario del progetto solo per il tempo necessario per la realizzazione dell’opera, per poi rispedirla in patria. Solo una percentuale quasi insignificante di mano d’opera africana viene assunta. Ad essa sono riservati lavori non qualificati e stipendi da fame.

I lavoratori cinesi temporaneamente immigrati in Africa non creano un reale impatto sull’economia locale poiche’ il loro valore aggiuntivo e’ ridottissimo. Non affittano case, preferendo dormire in containers costruiti sul cantiere. Non comprano quasi mai cibo locale essendo approvvigionati dal cibo inviatogli dalla Cina. Raramente spendono i loro guadagni nell’industria del divertimento e del turismo, preferendo riportarli in patria.

Inoltre vi e’ il sospetto che le multinazionali cinesi in vari casi utilizzano prigionieri cinesi che il governo fornisce come mano d’opera gratuita per la realizzazione dei lavori.

Consumatori.
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I prodotti cinesi sembrano favorire i consumatori africani grazie al loro basso costo e alla varietà delle merci disponibili sul mercato, diminuendo il carico economico delle spese quotidiane soprattutto per le famiglie urbane.

In realtà l’acquisto di questi prodotti si trasforma in una perdita finanziaria a causa della loro bassissima qualità. I prodotti made in China destinati al mercato africano hanno un periodo di utilizzazione brevissimo e in poco tempo diventono inutilizzabili, vanificando cosi’ il risparmio originale.

Infrastrutture.
Se da una parte Pechino e’ pronta ad creare colossali infrastrutture in Africa dall’altra non é disposta a rispettare i standard edili internazionali. Questa politica pregiudica la qualita’ delle opere realizzate.
Per esempio le strade costruite da ditte cinesi hanno un terzo di durabilità rispetto a quelle costruite da ditte occidentali. In un giro di alcuni anni l’asfalto cede obbligando i governi africani ad alti costi di manutenzione che, per scarsità di fondi, non vengono affrontati.

Impatto ambientale.
Le multinazionali cinesi stanno creando un vero e proprio disastro ecologico in molti paesi africani. Per esempio non rispettano alcuna regolamentazione nello sfruttamento del legname e stanno distruggendo varie foreste nel Cameroon, nel Gabon e nel Congo Kinshasa. L’estrazione delle materie prime viene attuata senza nessun studio di impatto ecologico sulla regione poiché Pechino é interessata solo all’estrazione e all’importazione delle risorse naturali non certo al degrado ambientale causato in paesi lontanissimi.

Sviluppo democratico e dei diritti umani.
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Nei rapporti diplomatici con i vari stati africani, la Cina adotta la tattica Europea ed Americana del “Strong Men”: l’appoggio incondizionato ad un dittatore per curare gli interessi delle multinazionali nel paese e prevenire la nascita di una forte societa’ civile.

Il lavoro dell’Uomo Forte e’ quello di creare delle societa’deboli, povere ed etnicamente divisi, che non abbiano alcuna possibilita’ di ostacolare le fortune del Strong Man, del suo cerchio di amicizie personali e i capitali stranieri. Lo Stato diventa un’apparato privato dove non ci sono cittadini ma sudditi. Il concetto stesso della nazione scompare per far posto a quello del reame.

La sola differeza tra la Cina, gli Stati Uniti e l’Europa e’ nella scelta del Strong Man. Mentre Washinton e Bruxelles preferiscono appoggiare Uomini Forti che accettano un simulacro di democrazia (Museveni in Uganda, Kagame in Rwanda, etc) i Cinesi scelgono di appoggiare i Uomini Forti caduti in disgrazia con l’Occidente contribuendo cosi’ all’inasprimento dei loro regimi dittatoriali e alla piu’ completa negazione dei diritti umani.

Cooperazione allo sviluppo.
La Cina e’ riuscita a trasformarsi in benificiario occulto di numerosi protetti di sviluppo sostenuti dalla Comunita’ Europea, l’Aiuto Francese allo Sviluppo, della Cooperazione tedesca et di USAID. Al momento dell’attribuzione dei mercati per la realizzazione di opere pubbliche le ditte cinesi riescono a vincere le are d’applato grazie alle loro offerte competitive e ad una forte azione di lobbing del governo cinese.
In altri casi le ditte cinesi riescono ad impradronirsi delle attivita’ produttive create dai progetti di sviluppo occidentali. Il Fondo Sino – Africano per lo Sviluppo interviene a proggetto finito offrendo ai beneficiari africani consulenze per rafforzare il markenting et la distribuzione. In realta’ queste consulenze non sono mirate ad un passaggio di competenze ma a creare una dipendenza nelle strategie manageriali degli esperti cinesi, che, durante il corso del progetto, diventano la vera leadership manageriale dell’impresa o della cooperativa creata tramite gli sforzi economici della cooperazione occidentale.
 
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